l nostro partito nasce da un’idea di Berlusconi, lanciata dal pretellino di un’auto, a seguito della fusione, a freddo, dei due partiti maggiori, Forza Italia ed Alleanza Nazionale. Si celebrò il congresso fondativo, al quale non partecipai, e subito si diede un minimo di organizzazione commissariando tutto il partito ad ogni livello, nazionale, regionale, provinciale e cittadino. Purtroppo, dopo neanche un anno, Fini fece la sua scissione, io dico personale, togliendo forza al governo che, indebolito politicamente e profondamente incrinato dalla crisi economico-finanziaria e da tante autentiche sciocchezze commesse dai suoi rappresentanti, nel volgere di pochi mesi cadde per le dimissioni del Premier. Da quel momento ha avuto inizio il crollo verticale del PDL in termini di consensi, di immagine e di sondaggi, gli stessi che, secondo alcuni dei nostri, oggi non hanno nessun valore quando per anni, invece, hanno costituito la cassa di risonanza utile per i successi elettorali del partito. All’inizio dell’anno si sono svolti i congressi provinciali dopo una straordinaria campagna di tesseramento che ha consentito di raggiungere l’insperabile numero di un milione e duecentomila iscritti compreso le tessere false. Dopo i congressi, l’oblio; il partito è fermo. I parlamentari, i nominati, dopo un lungo torpore si sono svegliati e, da poco, hanno iniziato ad agitarsi con l’unico obiettivo di aggiudicarsi la benevolenza del potente romano per la rinomina a deputato o senatore. Non si illudano i tanti fans della preferenza, la legge elettorale, il porcellum, non cambierà e se ci sarà qualche modifica non sarà radicale ma, sicuramente, ai leader dei partiti, sarà consentito garantirsi una quota di amici, stretti, in Parlamento. Il quadro politico nazionale, all’insegna della totale confusione e del caos assoluto, imporrà che le cose restino così come sono o al massimo subiranno modeste modifiche per accontentare il popolo e tentare di arginare i grillini. E in tutto questo guazzabuglio il PDL, in attesa di cambiare nome e nient’altro, continuerà a perdere consensi e credibilità.
In Basilicata, orfano di padre da tanto tempo, il partito vive un momento di drammatica crisi che si manifesta con i tanti focolai di malcontento in varie zone della regione e dall’evidente nervosismo che cresce tra gli iscritti e simpatizzanti, da troppo tempo in attesa di una traccia, di un segnale, di uno straccio di proposta politica che tarda ad arrivare.
Comprendo i tentativi di Mariano Pici e Cosimo Latronico di gettare acqua sul fuoco ma o si decide di spegnerlo nella maniera più drastica possibile o quello che cova sotto la cenere darà luogo ad una autentica esplosione che farà implodere quello che resta del partito.
Cosa voglio dire. È fondamentale, urgente che il Partito affronti, di petto, le diatribe presenti sul territorio e cerchi di risolvere tutti i problemi interni prima di ripartire con una proposta politica chiara, definita, forte ed autorevole.
Va, a mio avviso, definitivamente superata la divisione interna fra ex An ed ex Forzisti che ancora persiste ed è devastante per la vita stessa del partito. Va ricercato un punto di incontro fra le varie anime, chiarite alcune questioni fondamentali quali il tipo di opposizione al centro sinistra, superati i vecchi schemi, abolita la logica che permette di imporre l’amico nei ruoli di dirigenza anche in assenza di consenso elettorale, va data priorità alla meritocrazia. Pochi ma improrogabili punti che dovevano essere appianati e chiariti in concomitanza dei congressi.
Quello che sta accadendo tra Nova Siri e Scanzano è emblematico di un malessere che non deve essere, almeno al nostro interno, sottaciuto. Conosco molto bene D’Armento e ne riconosco il valore, il peso elettorale, l’entusiasmo, la voglia di fare per il bene della sua comunità, conosco altrettanto bene Ripoli che, rispetto a Giuseppe, ha una responsabilità in più, quella di essere componente il,direttivo provinciale, ruolo che, a mio avviso, in particolari occasioni impone la consegna del silenzio, per il bene del Partito.
Sappiamo tutti che un partito è un insieme di persone, di teste, di esperienze tutte diverse ma unite dal comune riconoscimento in valori fondanti, ed è su quei valori che va cercata la sintesi e la soluzione dei problemi. D’Armento è un mio amico e ne sono orgoglioso ma non fa parte di alcun esecutivo.
Caro Cosimo, in qualità di tuo vicario, dalle pagine del sito ufficiale del partito mi permetto di dirti: è ora di mettere tutto in chiaro.
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