Eccoci all'acqua, recita un antico proverbio toscano, e mai questa perla di sapienza fu più appropriata per fotografare la situazione che si è creata dopo il “sì” ai due referendum, appunto, sull'acqua che il Pd ha appoggiato e poi festeggiato insieme ai promotori.
Ebbene, come previsto, i guai sono già iniziati, e coinvolgono proprio i colossi pubblico-privato nati nelle regioni rosse sotto l'ombrello dello stesso Pd. Il quale, sconfessando se stesso, prima ha urlato che "l'acqua è un bene pubblico", come se qualcuno volesse privatizzarla, e ora - attraverso i suoi assessori regionali - piange e chiede l'intervento del governo. Prima hanno fatto il danno, e ora chiedono che il centrodestra provveda a togliergli le castagne dal fuoco.
Facciamo un solo esempio: Hera, l'azienda che gestisce l'acqua e altri servizi essenziali in Emilia: ieri ha presentato il conto annunciando che non firmerà più la convenzione con gli enti locali che prevedeva investimenti per 70 milioni di euro sulla rete idrica. Ma, soprattutto, dall´inizio del mese ad oggi, proprio a causa dell'annunciata vittoria dei sì al referendum, Hera ha perso in Borsa circa il 10% del suo valore, bruciando per strada circa 187 milioni di capitalizzazione. Una flessione che vale circa 25,5 milioni di euro per il Comune di Bologna, guidato da un neosindaco del Pd, che detiene il 13,6% delle quote e circa 35 milioni di euro complessivamente per i comuni della provincia. Ora la rossa Emilia ha il problema non lieve di trovare una via d´uscita al congelamento di circa 70 milioni di euro di investimenti per il biennio 2011-2012.
Il secondo referendum ha infatti eliminato quella parte della normativa che prevedeva che nella determinazione della tariffa dell´acqua fosse inserita anche la remunerazione del capitale investito dalle multiutilities (7%). Dalla holding non sono arrivate dichiarazioni ufficiali, ma è stato confermato che a questo punto la convenzione è carta straccia e che senza remunerazione non ci saranno più gli investimenti previsti, visto che nessun privato ha più interesse a mettere capitali senza remunerazione. Spetta agli enti locali far sapere come intendano reperire i finanziamenti necessari.
Ora gli amministratori locali del Pd, alcuni dei quali in verità avevano lanciato l'allarme prima della celebrazione dei referendum, chiedono a gran voce una nuova legge nazionale perché, se a Bologna i milioni congelati sono settanta, il dato nazionale è pari a 6 miliardi, con le prevedibili e drammatiche conseguenze sull'occupazione.
E' molto difficile, però, che governo e Parlamento possano rispondere a questa esigenza in tempi brevi, a meno che non si voglia disattendere la volontà espressa col 95% dei consensi da chi ha votato i referendum.
E' questo che vuole il Pd? Non sapeva che il sì avrebbe bloccato non solo gli interventi sulla rete idrica per contenere le perdite, ma anche e soprattutto gli investimenti per realizzare i depuratori che servivano per essere in regola con la normativa europea. E Bersani non ha nulla da dire?
Da: Il Mattinale del PDL
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